Secondi
Un territorio ricco di allevamenti, pastorizia, pesca, può solo regalarci tanta gioia nel preparare tante ricette locali, tradizionali, innovative, ingegnose. Noi le stiamo provando e condividendo con voi, anche sul nostro magazine!
Cacciatora mista di pollo, coniglio e abbacchio
La Cacciatora mista di pollo, coniglio e abbacchio è una delle tante varianti della cacciatora (qui trovi il nostro Pollo alla Cacciatora), ed è una delle ricette più conosciute nel Lazio.
In realtà la cacciatora ha origine nelle campagne della Romagna e nasce dalla necessità di avere un pranzo veloce saporito con quello che si aveva a disposizione in casa.
Nelle nostre zone nella campagna Sabina la cacciatora è sempre stata il piatto forte in casa di nonna. Lei aveva gli animali, polli, pecore, conigli e quando aveva a disposizione carne macellata era questo il piatto: una profumata cacciatora con rosmarino e aglio, vino e una bella spruzzata di aceto che forma una cremina deliziosa, perfetta per immergere una buona fetta di pane casareccio.
Uova in trippa, sì! Ma alla romana!
Le uova in trippa! Una bontà! Uno di quei piatti così semplici dei quali ce ne stiamo completamente dimenticando, ma che portano gioia in tavola. Semplici ingredienti sempre presenti in casa, velocità d’esecuzione e palato felice!
E se Giaquinta aggiunge “alla romana” alla ricetta, Ada Boni le reputa di gran lunga più buone delle francesi Oeufs à la tripe, peraltro fatte con uova sode, sugo e besciamella!! Qui siamo in tripudio di sapore genuino! Il nome deriva dalle striscioline delle frittatine che venivano condite con sugo e… per ingannare ancora di più il palato, il piatto veniva insaporito con foglioline di menta e pecorino o parmigiano. La ricetta affonda le sue radici nella cucina povera romana.
Trippa alla Romana
La trippa è l’apparato digerente dei bovini, una frattaglia, compresa fra esofago e stomaco; dopo la macellazione viene sottoposta a pulizia e bollitura. È composta da rumine (la parte a forma di sacco più grande, detta anche trippa, croce, crocetta, pancia, trippa liscia o busecca), omaso (formato da lamelle, detto anche centopelli o foiolo) e reticolo (o cuffia, un piccolo sacco con aspetto spugnoso, detta anche cuffia, nido d’ape, bonetto o beretta). I greci la cucinavano sulla brace, mentre i romani la utilizzavano per preparare salsicce. Le ricette per la preparazione della trippa sono infinite: non vi è angolo d’Italia che non abbia una sua ricetta per la trippa.
Come appena descritto, la trippa fa parte della cultura culinaria di tutta Italia e direi del Mondo. Cercando in rete ho trovato addirittura un libro “Troppa trippa”, di Indro Neri, Neri Editore, Firenze 1998, 192 pagine, una ricerca di tre anni che descrive le ricette di tutto il mondo ma anche le citazioni letterarie o i dipinti a lei dedicati o le poesie.
Come diceva il Belli la trippa va mangiata di sabato e in buona compagnia. “Giovedì gnocchi e sabato trippa”, uno dei proverbi romaneschi che ben indica questo gustosissimo piatto. È un piatto che, come molti altri a Roma, non ha molti fans a causa delle origini “truculente”, ma basta assaggiarlo una volta e si diventa subito amici. Nelle trattorie di Testaccio, (quartiere cult di Roma), si trova ancora l’antica ricetta.
Nel Settecento, Francesco Leonardi, un cuoco nato a Roma, ma specializzatosi tra i potenti del mondo, dal maresciallo Richelieu alle corti di Polonia, Germania e Inghilterra, con il suo “Apicio moderno”, tra tante squisitezze e raffinatezze riportate spicca, per quanto riguarda la cucina romana, la ricetta della Trippa di manzo alla romana: “Quando la trippa di manzo sarà ben pulita e lavata, fatela cuocere con acqua, sale, una cipolla con tre garofani, un mazzetto di petrosemolo con sellero, carota, due spicchi d’aglio, mezza foglia d’alloro; fatela bollire in una marmitta a picciolo fuoco sei o sette ore, che sia ben schiumata; quando sarà cotta, tagliatela in quadretti, mettetela in una cazzarola con un pezzo di butirro, sale e pepe schiacciato, passate sopra il fuoco, aggiungeteci un poco di spagnuola e culì. Abbiate un piatto con un picciolo bordo di pane o di pasta, fate un suolo di parmigiano grattato e un suolo di trippa, e così continuate fino a tanto che il piatto sia sufficientemente pieno, terminando col parmigiano grattato, nel quale avrete cura di mescolare un poco di menta trita; ponete alla bocca del forno o sulla cenere calda acciò prenda sapore, e servite ben calda”.
Trippa alla romana
- 1 k di trippa
- 2 fette di guanciale
- 400 g di pomodori pelati
- Una cipolla
- Una costa di sedano
- Una carota
- Uno spicchio di aglio
- Olio extravergine di oliva q.b.
- Menta romana
- Pecorino romano grattugiato
- Sale e pepe o peperoncino
La trippa si acquista normalmente già prelessata. Il metodo di lavaggio e di lessatura ne condiziona ovviamente il sapore. Per pulirla vengono usati a volte prodotti che la rendono bianchissima ma insapore; è preferibile acquistare quella grigia o scura e quindi non “candeggiata” o troppo cotta. Se possibile acquistate la trippa intera senza farvela affettare, sciacquatela e mettetela a bollire in abbondante acqua salata in ebollizione insieme a una carota affettata, una costa di sedano a pezzi, una cipolla e un mazzetto di prezzemolo. Fate riprendere l’ebollizione quindi abbassate la fiamma al minimo e proseguite la cottura per circa tre quarti d’ora. Lasciatela raffreddare e nel frattempo preparate un trito con il guanciale, la cipolla, la carota, il sedano, e lo spicchio d’aglio. Scaldate l’olio in un tegame di terracotta e fate appassire dolcemente il battuto mescolando spesso. Affettate la trippa a striscioline e versatela nel tegame quando il soffritto comincia a prendere colore. Fate insaporire per qualche minuto mescolando, quindi unite i pelati sminuzzati, salate e pepate e proseguite la cottura per circa un’ora. Durante questo tempo mescolate spesso e unite un mestolo di brodo o acqua calda quando necessario tenendo presente che alla fine la trippa deve essere immersa in un sugo abbondante. A cottura ultimata, versate la trippa nel piatto da portata e completate il piatto con abbondante pecorino grattugiato e foglioline di menta sminuzzate.
Riferimenti:
- Indro Neri, Troppa trippa, Neri Editore, Firenze 1998, 192 pagine
- http://www.troppatrippa.com/arte.php
- Claudio Colaiacomo, Roma perduta e dimenticata. 2013, 352 pagine: – Biblioteca Romana Newton n. 12
- Alfredo Morosetti, Frattaglie, Formato Kindle.
- http://www.identitagolose.it/sito/it/12/13206/ricette/il-nido-dellape.html
Stufatino cor sellero
Stufatino cor sellero, si dice a Roma, Stufato con il sedano, in italiano. Oggi Lazio Gourmand vi propone lo Stufatino cor sellero, un piatto della tradizione romana, che una volta era pressoché sempre presente nelle trattorie romane. Oggi non si trova quasi più. Un piatto da preparare in casa quando si ha un po’ più di tempo a disposizione, perché è una di quelle ricette che si preparano a fuoco lento, per almeno un paio di ore. E mentre lo prepari e cuoce piano piano… un profumo intenso invade la casa e riporta alla mente quelle domeniche mattine quando ti svegliavi col profumo del cappuccino mescolato a quello della “cucina di mamma” e che nelle giornate invernali ti scaldava l’anima e il cuore.
I più si staranno chiedendo: ma cosa è sto sellero? Semplicemente… il sedano!
- 600 g di muscolo di manzo (polpa di stinco)
- 1/2 cipolla
- 1 cucchiaio di olio extravergine di oliva
- 1 spicchio di aglio
- 1 cucchiaio di grasso di prosciutto più un altro cucchiaio grasso e magro
- maggiorana q.b.
- 2 cucchiai di salsa di pomodoro
- 1/2 bicchiere di vino rosso
- sale e pepe q.b.
- 300 g di coste di sedano
PREPARAZIONE
Per la preparazione ho seguito i suggerimenti di Ada Boni, omettendo però lo strutto e sostituendo il taglio a spezzatino anziché a fettine sottili.
- Tagliare la cipolla farla imbiondire con l’olio extravergine di oliva. Quando ha preso un bel colore aggiungere il grasso e magro di prosciutto tritato con l’aglio.
- Subito dopo mettere la carne, condire con sale e pepe e un po’ di maggiorana.
- Quando la carne è ben rosolata e ha preso un bel colore scuro, versare il vino rosso e poi lasciarlo evaporare.
- A questo punto unire i due cucchiai di salsa di pomodoro e tanta acqua quanta ne occorre per coprire la carne.
- Coprire e lasciar cuocere a fuoco lento per circa due ore, aggiungendo altra acqua se dovesse asciugarsi troppo.
A parte sfilettare, lavare e lessare i sedani e lasciarli insaporire una decina di minuti insieme alla salsa e alla carne.
Lo stesso procedimento si adotta sostituendo i cardi (noi li chiamiamo gobbi) ai sedani.
Un secondo ottimo, da gustare ben caldo. Una bella “scarpetta” non ce la toglie nessuno! Irresistibile!
Il pollo alla cacciatora, la ricetta popolare romana dei nostri nonni
Oggi Lazio Gourmand porta in tavola il pollo alla cacciatora. La ricetta scelta è legata visceralmente alla cucina romana. È il modo di cucinare “alla cacciatora” che noi romani seguiamo per preparare abbacchio, pollo, coniglio e spezzatino!
Petto di vitella alla fornara
Il petto di vitella alla fornara è uno dei piatti tipici, forse dimenticati, della cucina laziale. Quella cucina laziale povera, del popolino, essenziale, fatta con le parti meno nobili dell’animale.
Un piatto che richiede davvero pochissimi ingredienti e la cui unica attenzione va fatta sui tempi di cottura.
Quei pochissimi ingredienti, genuini ed il sapore della carne ne fanno un piatto davvero ottimo. La patate cotte nella stessa teglia sono la morte del petto di vitella alla fornara, anche se, diciamolo, ne aumenta l’apporto energetico.
Alla “fornara” perché pare “…ispirato alla “Fornarina”, tale Margherita Luti, la leggendaria donna, figlia di un fornaio di Trastevere, che Raffaello immortalò nelle sue pitture.
La storia racconta che una quarantina di patrioti romani superstiti dei motti insurrezionali iniziati nella capitale dello Stato Pontificio, il 25 ottobre 1867 stessero aspettando l’arrivo di Garibaldi per far insorgere Roma contro il governo di PIO IX. Riunito da giorni in un palazzotto di Trastevere, il gruppo era incoraggiato da Giuditta Tavani, giovane donna di 37 anni, madre di 4 figli con in grembo il 5° , figlia del proprietario del lanificio Ajani sede del ritrovo dei patrioti.
Quel 25 ottobre 1867, Giuditta Tavani, solita preparare i pranzi, cucinò proprio il petto di vitello alla fornara.
Oggi, in corrispondenza del palazzo che una volta era il lanificio Ajani, si erge il busto di Giuditta Tavani Arquati con una lapide a ricordo di quel tragico eccidio dei patrioti romani.
La ricetta del petto di vitella alla fornara
- 1 kg circa di punta di petto di vitello
- 2 o 3 spicchi d’aglio
- rosmarino
- salvia
- olio extra vergine di oliva
- 1/2 bicchiere circa di vino bianco secco
- sale, pepe q.b
- 1 kg di patate (facoltativo)
Preparazione :
- Preparate un battuto con gli aromi – io non ho battuto l’aglio, ma semplicemente diviso in parti ed inserito nelle intaccature della carne – unite l’olio extravergine di oliva, il sale ed il pepe. Ricoprite il pezzo di carne con la marinata e lasciate insaporire così per un’oretta.
- Trascorso il tempo trasferite la carne con tutta la marinata, in una teglia unta a filo con dell’olio extravergine di oliva.
Infornate a calore medio – 190° – per circa un’ora avendo cura di bagnare spesso la carne con il fondo di cottura e unendo verso la fine mezzo bicchiere di vino bianco secco.
Se decidete di unire le patate, una volta spellate, tagliatele a quadretti non troppo grossi e cuocetele insieme alla carne.
- A cottura ultimata servite il petto di vitella alla fornara a fette alte circa un dito, accompagnandolo con il sughetto.
Il “difficile” è tutto qui, nella giusta cottura: regolatevi in base al vostro forno, che solo voi conoscete.
Curate di tenere sempre “bagnato” il pezzo di carne. Alla fine deve risultare croccante fuori e morbido dentro.
Polpette con l’allesso alla romana
Oggi su Lazio Gourmand un classico della cucina romana: le polpette con l’allesso. L’allesso, ovvero con il lesso.
Non pensiate che sia solo un piatto di riciclo, anzi. Molto spesso di “allesso” se ne faceva di proposito di più proprio per prepararci le polpette. Così come per il “Lesso alla picchiapò” che già vi abbiamo proposto tra le nostre ricette.
Baccalà alla romana
Baccalà alla romana, o baccalà in guazzetto o in umido… tre denominazioni che rappresentano lo stesso piatto. Non differisce molto da altre ricette simili, come ci dice anche Ada Boni, ma come le altre è di una bontà indiscussa! Indispensabile per essere “alla romana” è l’aggiunta di uvetta sultanina e pinoli.
Zucchine Ripiene alla Romana
Le Zucchine Ripiene alla Romana! Ancora oggi uno dei piatti preferiti di casa. Mia mamma le prepara ancora e sono sempre uguali, tutto a occhio e sempre lo stesso sapore! La massima espressione questo piatto la raggiunge con le zucchine dell’orto, dolci, tenere…una vera delizia.